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Founder - Architect

Antonello Stella 15.02.1961 Legnano (MI)

L'eclissi solare del 15 febbraio 1961 fu un evento astronomico con una magnitudine di 1.03. Fu l'unica eclissi solare di tipo "totale" visibile dal suolo italiano del XX secolo. Partendo dal sud della Francia, il cono d'ombra della totalità di questa eclissi solare proseguì nel nord-centro Italia. L'eclissi avvenne di mercoledì, un giorno feriale, tuttavia, essendo un evento rarissimo, furono interrotte molte attività lavorative degli italiani coinvolti, almeno durante la totalità del fenomeno. (fonte Wikipedia) 

1990 Laurea con Lode Architettura La Sapienza

1990 Fonda, con altri, n! studio di Architettura a Roma

1994 Dottore di Ricerca in Progettazione Architettonica, Architettura La Sapienza

1998 Ricercatore alla facoltà di Architettura di Ferrara

2011 Fonda, con altri , all’interno del gruppo 3TI Progetti Italia, 3TI_LAB con sedi  a Roma e Ferrara

2014 ASArchitects_Ferrara

2015 Professore Associato al Dipartimento di Architettura di Ferrara

But the show must go on...

"Ho sempre creduto che il progetto di architettura debba essere un atto relazionale e non un atto individuale frutto di un pensiero unico.

Prima di tutto relazioni tra essere umani.

Per questo, dopo diversi anni, più di quelli strettamente necessari, passati a tessere tali relazioni con un gruppo di più o meno coetanei studenti e (pochi) docenti della Facoltà di Architettura di Valle Giulia, appena laureato (1990) ho fondato con alcuni di loro n! studio di architettura. Un filo continuo, quindi, che parte nelle convulse aule di Valle Giulia e arriva fino al suo epilogo nel 2010. Dal 2011 al 2014 con lo stesso spirito e con la stessa tensione relazionale ho iniziato una nuova avventura chiamata 3TI_LAB e dal 2014, analogamente, ASArchitects.

Parallelamente a queste esperienze ho tessuto altrettante relazioni con tantissimi studenti e (pochi) docenti subito dopo la laurea a Pescara e dopo pochi anni (dal 1998) a Ferrara dentro meno convulse, ma altrettanto fertili, aule universitarie, dove con più di cento di questi studenti ho condiviso il percorso di laurea traghettandoli dal ventre fin troppo materno dell’università a quello più inospitale fuori dalle aule universitarie, cercando di insegnare loro la responsabilità del progetto.

Compagni di viaggio quindi, i tanti soci, amici, collaboratori, studenti, artigiani, operai, tecnici, committenti, (soprattutto delle pubbliche amministrazioni), colleghi, studiosi di cui avrei voluto e vorrei raccontare ogni singola interazione con loro in un libro che forse non scriverò mai.

E poi relazione tra gli esseri umani e le cose del mondo.

Merleau Ponty diceva” Noi osserviamo il mondo, il mondo è ciò che noi osserviamo” mettendo così l’accento proprio su quella distanza che separa noi e il mondo, che altro non è che la relazione tra noi e il mondo stesso fatto di persone e di cose e che sostanzia il senso del nostro operare.

Perché il vero significato del progetto di architettura risiede nel mettere in sapiente relazione gli esseri umani di cui sopra, e il contesto fisico, le tecniche, la materia, prima ancora che i materiali, di cui è costituita l’architettura. Il progetto è l’incontro, ma a volte anche scontro, tra la propria e altrui autobiografia e la necessità del reale, la costruzione, il contesto, il giusto costo, la cultura architettonica ovvero la conoscenza dell’architettura che ci ha preceduto e che ci è contemporanea, che sempre ci può dare spunti. Qualcuno prima di noi o nello stesso momento in cui stiamo facendo ha già affrontato il problema che stiamo cercando di risolvere, e questo è e sarà sempre più vero nel mondo in cui viviamo potenzialmente con infinito accesso all’informazione. Insomma tutta quella sapienza tecnica e tutto l’apparato culturale che il progettista acquisisce darà senso, o meglio “buon senso” al progetto.

Per questo non sono affatto interessato alla forma delle cose. Le cose, le architetture, ad un certo punto prendono una certa forma senza uno sforzo particolare in questo senso. Per dirla con le parole di Adorno: “la forma è contenuto sedimentato”.

In un momento storico come quello che stiamo attraversando dove ridottissimo appare lo spazio dell’invenzione, e in attesa di un nuovo grande paradigma pari almeno a quello della modernità, siamo tutti costretti nella rielaborazione di quell’ammasso informe, variegato ma allo stesso tempo denso di informazioni costituito dalle architetture e dalle idee degli altri. Il tema è quindi quello di rielaborare il più sapientemente possibile ciò che già esiste. La “creatività” nell’era post-moderna deve essere cosciente di tutto ciò per essere sensata.

Ecco, in conclusione, io non sarei quello che sono e altrettanto i progetti che qui sono esposti, su cui non c’è nulla da dire se non quello che osservandoli essi cercano di restituire, senza tutte le tracce che queste relazioni hanno lasciato in me fino a questo momento. Certo, alcune più profonde, alcune meno, altre più ferite che tracce, ma così è."

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